Trattato delle virtù morali

Title

Trattato delle virtù morali

Description

Paper; mm. 220_310; ff. II + 125 + III. Autogr.

Date

1570 c.

Contributor

Type

Prose

Identifier

Manuscript ID

72

Foliation

ff. 2r-71r

Seen

Yes

Genre

Branch of philosophy

Internal description

<1r> <title by a different hand> Trattati di / Stefano Breventano Pavese / Delle virtu morali / e / Del peccato. <note by a different hand> Felicibus Auspiciis Illustri Federici Card. Borrhomaei Archiep. Mediol. / <other hand> Antonius Olgiatus vidit anno 1603.

<2r> Trattato delle virtù morali raccolto da varii autori e / principalmente da Aristotele nelle sue Rethoriche e nell' / Ethiche, da Cicerone e da altri per Stefano Breventano / cittadino Pavese, in gratia de benigni lettori. <preamble> <inc> Volendo io trattare delle vertù morali et di quelle che seco di conserva vanno, io stimo che sia convenevole innanzi che si venghi alla loro particolare dichiaratione, che si ispiani prima che sia vertù, e come ella sia da vari diffinita. Questo nome vertù come vuol Cicerone \\2.9.Tus// è detto da vir, che vuol dir huomo. Onde sovente vertù si piglia particolarmente per la eccellenza ne i fatti di guerra et per lo valore et fortezza d'animo che è proprio dell'huomo. Ma propriamente vertù è una dritta ragione contraria al vitio et è un habito overo un ottima qualità dell'animo acquistata col lungo uso. Et secondo che la diffinisce Aristotele \\1 Rhetor.//, è una facoltà conciliatrice et conservatrice delle cose buone et ancora una benefica facoltà di molte cose grandi, anzi di tutte per tutte. Et altrove dice \\2. Ethic. 5// la vertù è un habito elettivo che consiste nella mezanità quanto a noi. Overo è un habito che fa perfetto colui che lo possiede et rende buona la sua operatione, e non si può dire ch'ella sia passione percioche secondo la passione noi non siamo lodati, né vituperati, né ancora si chiama potenza, perché noi siamo forti et gagliardi per natura. Ma buoni o mali noi non siamo per natura, ma per uso. <3r> <expl> Onde conchiudendo dico che né tesori né ricchezze né dignità o qual altra si sia cosa è tanto preciosa, né di tanta stima appo gli huomini sapienti dico, quanto la vertù, e questa è quella sola che fa l'huomo felice. Ha la vertù per testimonio di Aristotele \\p.° delle Rhet.// queste parti principali, cioè giustitia, fortezza, temperanza, magnificentia, magnanimità, liberalità, mansuetudine, \piacevolezza/ prudenza et sapienza, delle quali a suoi luoghi particolarmente si ragionarà.

<3r> Delle quattro virtù politiche <inc> Aristotele dopo lo haver diffinito che fusse vertù et annoverate le sue parti, soggiunge dichiarandole partitamente dicendo la giustitia è una vertù per la quale si dà a ciascuno ciò che è suo et in quel modo che la legge vuole. <58v> <expl> e nel libro delle quattro vertù dice: Quando tu havessi il tuo nimico in tuo potere, pensarai esserti a bastanza vendicato essendoti potuto vendicare. E sappi essere una honesta e gran sorte di vendetta il perdonare, onde facendo fine preghiamo Iddio che ci doni gratia di perdonare a chi ci ha offesi né cerchiamo di pigliar vendetta alcuna di loro. Accio possiamo puramente e con verità dire, come ci insegnò il nostro amorevole maestro Christo Giesù signore rimetteci i nostri debiti sì come noi rimettiamo a nostri debitori. Et fanne degni della tua santa gratia. Il qual vivi et regni ne secoli de i secoli amen. / Il fine.

<59r-71v> <tables>

Record last updated

08/03/2013

Record last updated by

Eugenio Refini

Collection

Citation

Eugenio Refini, ‘Trattato delle virtù morali’, in Vernacular Aristotelianism in Renaissance Italy Database (VARIDB)
  <https://vari.warwick.ac.uk/items/show/4308> [accessed 21 November 2024]